
Quando l’esecuzione diventa una risposta all’incertezza, il valore inizia a disperdersi.
In molte organizzazioni l’operatività è diventata una forma di rassicurazione.
Fare qualcosa dà l’impressione di avanzare, di non restare fermi, di “stare sul pezzo”.
Il problema è che l’azione, quando non è guidata da una decisione chiara, tende a moltiplicare la complessità invece di ridurla.
Si esegue perché “va fatto”.
Si attivano iniziative perché “sono disponibili”.
Si adottano strumenti perché “funzionano altrove”.
Ma senza una scelta esplicita su cosa conta davvero, l’operatività diventa un accumulo di attività scollegate.
In questi contesti, il vero collo di bottiglia non è la capacità di eseguire.
È la capacità di decidere.
Decidere significa scegliere una direzione, accettare delle rinunce e assumersi la responsabilità delle conseguenze.
È più faticoso dell’azione, ed è per questo che spesso viene rimandato.
Il paradosso è che le decisioni prese con calma, anche se sembrano rallentare nel breve periodo, fanno risparmiare tempo, energia e risorse nel medio termine.
Al contrario, l’esecuzione rapida senza decisione crea movimento, ma raramente crea progresso.
Per questo, nelle fasi di crescita, la priorità non dovrebbe essere “fare meglio”, ma “decidere meglio”.
Solo dopo, l’operatività può tornare a essere uno strumento di valore e non una risposta all’incertezza.

